Ho sempre avuto una passione per i doni della terra: i funghi, le more, le fragoline di bosco, il tarassaco, l’origano, gli asparagi selvatici. Mi rassicura pensare che il cibo sia un regalo a portata di mano e che il compito dell’uomo sia semplicemente quello di utilizzarlo con parsimonia per trasmetterlo intatto alla generazione successiva.
Per questo sono contrario agli OGM dal punto di vista ideologico più che da quello salutistico: i semi non possono essere una proprietà privata ma sono la prova vivente della magnanimità della terra nel distribuire equanimemente i propri doni. Come accade con quelli del mare e quelli del cielo che, non a caso, sottolineano alcuni dei punti salienti dell’Antico Testamento. E tra i doni del cielo adoro la neve. Mi piaceva stare sveglio a guardarla scendere, in silenzio, per tutta la notte. Al ritorno da scuola la nonna ce ne faceva trovare un bicchiere pieno con tanto zucchero e un po’ di vino rosso: era un dolce goloso, proibito, quasi esotico.
La scorsa settimana al Rifugio La Stampa a Courmayeur, sotto a una fitta nevicata, con l’aiuto di venti bambini emozionati, abbiamo preparato il medesimo dessert, ingentilito dal profumo del Mediterraneo. Due cucchiai di neve appena caduta, il succo di mezzo mandarino e una spolverata di zucchero a velo. Perché possiamo scoprire la felicità negli occhi di un bambino senza acquistare regali ma insegnandogli semplicemente a raccogliere un dono.
Da La Stampa del