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BENVENUTA TRADIZIONE CONTEMPORANEA

L’emorragia di italianità, stigmatizzata da Elon Musk, che non riguarda solamente la popolazione ma anche la ristorazione tradizionale, non mi preoccupa.
Con una cittadinanza che invecchia, una cucina che non si rinnova, una mancanza di entusiasmo, di prospettive, di visioni, di sapori, di etica e di estetica, tipica di qualsiasi società in decadenza, ripongo le mie speranze nei nuovi italiani, sia dal punto di vista demografico che gastronomico.
A tavola infatti le più recenti sorprese le ho avute nei locali etnici, africani, asiatici, sudamericani, che, allontanandosi dal pittoresco dei chevice d’asporto e dal trash finto lusso dei sushi al Philadelphia, si stanno dedicando a cucinare davvero, freschi e cotti al momento, eccellenti ingredienti contadini. Molte materie prime esotiche sono ormai prodotte in Italia, in maniera rispettosa dell’ambiente e del sapore, e vengono abbinate ai migliori prodotti locali. Il riso alla senegalese è preparato con pesce del Mar Ligure e spezie africane; le zuppe di ravioli e cavolo cinese ingentiliscono le verdure biologiche prodotte in Piemonte con l’olio di sesamo del lontano Oriente; gli agnelloni locali alla brace marocchina sono serviti con the alla menta nordafricana.

Sto parlando di ristoranti alieni alle loro imitazioni fast food, genuini, semplici, economicamente accessibili, senza orpelli e rigidità su orari, ordini e decorazioni. In queste osterie, “piole”, internazionali mangio spesso straniero o, meglio, italiano contemporaneo, con gusto e senza omologazione: benvenuta nuova tradizione!

Da La Stampa del