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CAMERA O COLAZIONE?

La tomba di qualsiasi notte in hotel è la colazione.

Nella maggior parte dei casi la formula con colazione inclusa trasforma il primo pasto della giornata in una mera voce di costo per le strutture, che inseguono il risparmio affidandosi a prodotti anonimi ed economici, carboidrati soprattutto. Succhi d’arancia in polvere, cornetti surgelati dai profumi poco invitanti, burri alieni al latte di pascolo, fiocchi di cereali ben rimpinzati di zucchero, mieli e marmellate di provenienza e qualità lontane da ogni emozione. E nella striminzita scelta salata l’offerta non migliora: affettati in busta o di dozzina, trionfo di sale e conservanti, formaggi di plastica, wurstel e uova che non hanno mai conosciuto la campagna.

E pensare che a Nauplia, prima capitale della Grecia liberata, a corto di attrazioni ma non di inventiva, il turismo degli affittacamere ha inscenato, con la sponda delle recensioni della rete, una gara all’offerta della prima colazione più contadina, più sana, più vera, più ricca e più gustosa, col risultato di una concorrenza virtuosa verso il prodotto locale genuinamente artigianale, onesto e soddisfacente.

Gli alibi nel Belpasese non mancano: il supposto divieto di servire prodotti contadini, e ora, con la pandemia, la scusa di non poter offrire altro che prodotti in confezionati in porzioni individuali.

Ma la buona volontà sa sempre scovare il lato virtuoso della legge.

Confido in una frittata umida di uova di galline felici, burro di montagna e erbe di campo, che torni a farmi scegliere di viaggiare in albergo invece di affittare un appartamento.

Da La Stampa del