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CARNE SINTETICA: L’ASTINENZA DAL SAPORE

Tutti gli scienziati che intessono le lodi del cibo sintetico esprimono, più o meno consapevolmente, una visione fortemente classista dell’alimentazione.

Per millenni infatti il cibo è stato per i più una mera fonte di nutrimento, carburante con cui sostenere il lavoro, agricolo prima e industriale poi, svolto a vantaggio dei padroni, che invece potevano permettersi il pasto come svago.
E per secoli l’aristocrazia civile e religiosa si sono distinte dalla plebe proprio per il consumo di proteine nobili provenienti dalla carne bovina. Al punto che, per scongiurare il conflitto sociale, e senza nessun altro motivo sanitario, vennero istituiti dall’ordinamento religioso svariati giorni di astinenza dalle carni, aggirati dalla nobiltà ottenendo da vari prelati dispense ad personam e consumando pesce e altre prelibatezze, mentre la dieta della maggior parte della popolazione era scarsa, monotona e poco saporita. Ai poveri il sostentamento e ai pochi ricchi il divertimento.

Esaurita la breve parentesi della democratizzazione del gusto seguita alla crescita post-bellica, ci risiamo. I ricchi si ciberanno a breve di verdure prodotte in maniera ancestrale, cerali semintegrali, legumi contadini, pesci di mare pescati con sempre maggiore fatica, vini prodotti in maniera ecologica e, con la giusta moderazione, di bovini allevati al pascolo.

La massa sarà costretta, per motivi economici e propagandistici, a procacciarsi al supermercato verdure da agricoltura intensiva, proteine ricavate da insetti o coltivate in laboratorio e alcolici industriali, tutti cibi orfani di qualsiasi sapore, divertimento, gioia dell’anima. Di fatto si imporrà ai più, per precetto scientifico, un nuovo lungo, periodo di astinenza dal sapore.

Da La Stampa del