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Il cibo pronto non fa sconti a nessuno

Ho passato al discount l’ultimo giorno dell’anno.

Ho scelto un’insegna di periferia, dove i carrelli vengono riempiti di fretta, con un po’ di vergogna. Mi ha colpito il disprezzo della stagionalità delle verdure: melanzane e zucchine belle gonfie ammiccavano sotto al cartellino dal prezzo stracciato, malgrado l’origine esotica.

Ho indugiato sulle etichette dei salumi e dei formaggi, vessati da una lunga lista di conservanti, aromi e additivi.

Mi hanno stupito gli scaffali del cibo pronto, o meglio di qualcosa che gli somiglia da lontano. Tramezzini farciti, salame affettato, risotti da scaldare, macedonie di frutta, tortellini al pomodoro, pizza a fette, frittata già cotta e risotto al curry, non sono solo un controsenso sulla via del risparmio ma un inno alla pigrizia umana e alla rassegnata certezza che non valga neppure più la pena di cucinare, di apparecchiare con una tovaglia pulita o di visitare un mercato contadino prima della chiusura, quando economia e qualità vanno a braccetto.

Ma il colpo di grazia me l’hanno assestato i frigoriferi dedicati alla ristorazione: hamburger di maiale, patatine surgelate, bistecche brasiliane, salse in bidone e un’impressionante collezione di superalcolici, goffe imitazioni dei prodotti di marca, studiati per rabboccare furbescamente le bottiglie del bar.

Sono esseri disumani quelli che si aggirano per queste corsie, un esercito di vinti che, di fronte al video, si nutrirà di buste scaldate al microonde. Saremo tutti noi quando troveremo una qualsiasi scusa per non fare davvero la spesa.

Da La Stampa del