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IL DONCHISCIOTTE DEL CIBO CONTADINO

“È impossibile servire materie prime contadine, vegetali selvatici e cibo cotto al momento, con cinquanta coperti al giorno”. Eppure qualcuno ci riesce con cinquecento!

Infatti, per sfatare il primo emendamento della ristorazione europea, sono volato in Albania, a Fishtë, per pranzare da Altin Prenga, chef visionario, tornato in patria, dopo un lungo periodo in Italia, per infondere nel suo popolo l’orgoglio verso il prodotto locale, l’amore per la biodiversità e la preferenza verso prodotti agricoli, che la standardizzazione del comunismo prima e la distrazione del consumismo dopo, avevano spinto nel disprezzo e nell’oblio.

Oggi nel suo agriturismo dà lavoro a novantotto giovanissimi dipendenti sorridenti, sostiene duecento famiglie di contadini, che lo riforniscono di ortaggi e frutti selvatici, coltiva biologicamente ettari di verdure e vitigni, serve un menu con oltre trenta assaggi a centomila persone all’anno, per quindici euro a testa, perché risulti sostenibile per tutta la clientela.

L’etica donchisciottesca è al centro di un locale che dimostra anche ai più scettici come sia possibile lavorare, al momento, centinaia di chili di carne, uova, fagiolini, ciliegie, formaggi artigianali, oche razzolanti.
Non si tratta solo di cibo ma di una gigantesca performance artistica gastronomica, che coinvolge in un processo di educazione al sapore clienti, per la maggior parte ancora inesperti nel distinguere le sfumature di ciò che assaggiano, ma che indica anche ai nostri ristoranti, mense, ospedali e autogrill che l’impossibile è a portata di mano, senza scuse.

Da La Stampa del