La coscia di vitello sì, la lingua no. Il pollo con gli antibiotici sì, le creste di gallo no. Il salame sì, la trippa no.
L’universo delle idiosincrasie alimentari è popolato da convinzioni e condizionamenti sociali, che scandiscono la vita delle comunità di ogni parte del Pianeta, sempre più trasformato in un unico villaggio globale.
Così, se un tempo, lontano dal mare, il pesce era guardato con diffidenza e, privo di cottura, non veniva consumato neppure sulla costa, un gambero crudo è ormai presente in ogni portata che ambisca al lusso.
Che poi questo crostaceo non è così diverso da una cavalletta, che in molti contesti viene consumata e che in Europa non è considerata un cibo accettabile, finché la propaganda sugli insetti non la trasformerà in un appetitoso boccone.
Lumache di mare e cozze vivono sui medesimi scogli ma le prime sono ritenute dai molti repellenti mentre le altre perfino afrodisiache.
Lo stomaco del bovino non è poi così lontano dal filetto ma quest’ultimo è ritenuto superlativo mentre il primo appannaggio di pochi coraggiosi.
Ebbene, in un recente evento, ho servito alla cieca fiori di zucca ripieni di cervello e midollo spinale, alimenti popolari quarant’anni fa, considerati ideali per l’alimentazione infantile, e oggi ritenuti repellenti.
Di fronte ai fervidi complimenti ho rivelato il contenuto e i più, che non le avrebbero mai assaggiate, hanno accettato di provare le chiocciole fresche al tartufo, rimanendone entusiasti.
Per gioire nel gusto è necessario archiviare il retaggio e accettare l’azzardo di essere sorpresi dal sapore.
Da La Stampa del