/

INSETTI (DIS)GUSTOSI E (IN)SOSTENIBILI?

Impanature con la farina di grillo, pappardelle alle camole, e locuste fritte salveranno il Pianeta?
Il consumo di insetti potrebbe avere senso quale fonte proteica per ridurre l’impatto dell’allevamento intensivo nei paesi industrializzati e per offrire una fonte alternativa di proteine e di zuccheri in contesti di scarsità alimentare.
Intanto, per quanto riguarda il benessere animale, sacrificare vitelli o cavallette non fa alcuna differenza.
Inoltre, la dieta vegetariana, abbracciata da quasi un miliardo di individui nel mondo, ha dimostrato che gli aminoacidi possono essere reperiti in verdure e legumi.
L’allevamento intensivo di insetti, poi, proprio in quanto tale, non è più sostenibile di altri. E, ugualmente, la sicurezza alimentare, l’accumulo di antibiotici e inquinanti dovuti a tali modalità di allevamento, nonché la povertà organolettica, ben chiara nel paragone tra animali e vegetali prodotti in scala minima o intensiva, saranno variabili che presto renderanno manifesta la differenza, e quindi la minor appetibilità, tra un grillo selvatico e uno prodotto industrialmente.

Mi pare chiaro che l’unica risposta logica: aumentare il consumo di vegetali, in particolare verdure e legumi, a scapito di carboidrati e proteine; favorire il ritorno a un’agricoltura contadina, indirizzata al rispetto dell’ambiente e del sapore; sostenere realtà agricole a ciclo chiuso, policolturali; e garantire l’incontro inintermediato tra produttori e consumatori del cibo; non intercetti gli enormi interessi economici dei pochi gruppi che controllano ormai la filiera alimentare.

Non ho nulla contro gli insetti, vent’anni me ne sono fatte delle scorpacciate in Africa e, alcuni, selvatici, erano anche gustosi. Ma non pensate, mangiandoli, di salvare il mondo.

Da La Stampa del