Bustrengolo, castagnaccio, fave dei morti, pabassinas, pan co’ Santi, taralli dei morti, tetù… sono solo alcuni dei piatti tradizionali della festività di Ognissanti. Nulla contro i muffin, ma cinquemila anni di tradizione e di sapore meritano rispetto. Sinceramente la zucca, qui in Italia, preferisco trovarla nei meravigliosi tortelli delle provincie di Mantova o di Ferrara, piuttosto che sull’uscio delle case, trasformata in una lanterna da una festa importata goffamente d’oltreoceano.
A casa mia “ai Santi” si mangiava la bagna-caoda, salsa tipica piemontese a base d’acciughe e, soprattutto, di generosissime quantità d’aglio, in cui si intingono verdure crude o bollite. Da giovane studente ricordo ancora, in quei giorni di festa, l’odore pungente della sala d’aspetto del Pronto Soccorso, intasata dai postumi di questo indigesto piatto dalle origini antiche. Gli acciugai infatti, al termine dei mercati, si ristoravano facendo bollire, con tanto aglio, unico ortaggio di cui vi era abbondanza, le lische del pesce rimaste attaccate alle pareti dei barili, e vi accompagnavano pane raffermo e qualche rara verdura recuperata dai banchi vicini.
Come per ogni tradizione, ogni famiglia ha la propria. Ma pur conoscendo molte delle varianti di questa ricetta, preferisco utilizzare i soli filetti delle acciughe, dissalate nel vino bianco, un unico spicchio d’aglio, il burro e non l’olio, che filologicamente era materia troppo cara per questo piatto povero, e mantecare la salsa con un cucchiaio di panna d’affioramento, quando me la riesca a procurare da un allevatore fidato. In cucina quindi non sono così conservatore come sembra, ma i brownies preferisco mangiarli nel Regno Unito, quanto meno il giorno dei Morti.
Da La Stampa del