Oggi, con la valanga di informazioni e di immagini messa a disposizione dai telefoni in tempo reale, la contaminazione è stata semplicemente sostituita, in ogni campo, dalla riproduzione conformista di ciò che viene considerato di successo.
Per il cibo è drammaticamente chiaro. Confrontate le fotografie dei piatti dei ristoranti del mondo premiati dalla guida Michelin, che in Italia ha appena assegnato le nuove “stelle”, e farete fatica a distinguere un cuoco dall’altro. Sono identici i rituali: niente tovaglia, stoviglie della stessa marca per il pre-antipasto, altrettanti identici supporti per la piccola pasticceria, forme di pane tutte analoghe servite a inizio pasto insieme all’inutile burro montato, piatti ridotti a minuscoli assaggi. Poi i medesimi ingredienti, i medesimi abbinamenti, le medesime decorazioni.
Una guida che premia con i massimi riconoscimenti ristoranti aperti da pochi mesi e ignora esercizi con una lunga e solida qualità forse dovrebbe essere meno seguita ma quel giudizio ha ancora un forte impatto sul fatturato e chi non si omologa è fuori. L’industria alimentare, sponsor dell’operazione, esalta la creatività dei cuochi ma in realtà legittimamente promuove l’appiattimento dell’estemporanea sorpresa nel sapore. Viaggiare può aiutare a temperare l’entusiasmo di fronte all’inconsistenza di alcune osannate invenzioni.
Da La Stampa del