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LE BUONE LUMACHE: COTTE AL MOMENTO E AL NATURALE

Spurgare pare un ossimoro accanto a cucinare ma è la parola d’ordine delle lumache, o meglio delle chiocciole, come andrebbero correttamente nominati i gasteropodi dotati di casa sulle spalle, da sempre sulle tavole più blasonate e oggi guardati con una certa ritrosia dai novelli gourmet nutriti più di immagini patinate che di profumi e di sapori.

Questi molluschi in natura si cibano infatti anche di erbe tossiche per l’uomo e, per eliminarne i residui dall’intestino, è buona abitudine lasciarli a digiuno per una decina di giorni, evitando di somministrare gli spaghetti o il mais della tradizione popolare.

Oggi le lumache si trovano già pronte da cuocere. Quelle di qualità sono allevate con erbe fresche e cibo privo di additivi.

In cottura vanno rifuggite le ulteriori bufale di utilizzare aceto e sale, che ne aumentano solo l’emissione della bava, e la mortificante bollitura di 90 minuti.

Acqua fredda, venti minuti dal bollore, sgusciare le chiocciole, eliminare bocca e intestino, sciacquarle e asciugarle con un canovaccio e reimmergerle per due ore in un brodo bollente, leggero e salato. Servirle con funghi, tartufi, una salsa di scalogni e burro, verdure, una maionese delicata.

Non c’è altra maniera per gustarne la croccantezza, senza gommosità, la consistenza senza viscidità e il sapore naturale senza orpelli. Qualsiasi prodotto precotto, conservato o eccessivamente condito, come purtroppo viene servito per praticità nella maggior parte dei ristoranti, è il responsabile dell’incomprensibile divorzio tra i golosi e le chiocciole.

Da La Stampa del