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Le cozze, un raffinato sentore di mare

Non ho alcun dubbio sul “coquillage”: io, scelgo le cozze. Crude.

Non c’è paragone alcuno con la finezza avvolgente e complessa del loro aroma, il raffinato sentore di mare, dolce, amaro e salato al tempo stesso, la consistenza non untuosa della carne e i colori psichedelici del mollusco. Il nero della corazza circoscrive, come in un tratto di china, pennellate brillanti, con note di giallo crema nei maschi e di rosso arancio nelle femmine, e tutt’attorno luminose trasparenze dalle argentee cangianti sfumature. Quando il bivalve viene aperto completamente mostra il rosso scuro intenso, sanguigno, della carne viva, e arriva al naso il profumo inconfondibile e fresco del marino. Ma c’è un problema. Le cozze adorano lo sporco. E possono portare serie gastroenteriti se non adeguatamente depurate. Ma la depurazione, forse, toglie qualcosa alla complessità dell’aroma. E’ un compromesso necessario.

Come necessario è mangiare le cozze crude solo se siano freschissime, vive e di provenienza certa. Nel dubbio è meglio farle aprire in padella, a secco o con un cucchiaio di acqua dolce. Il liquido di risulta, una volta filtrato, sarà un’ottima base per cucinare un risotto, una pasta, o dare vigore a un brodo di pesce.

In cucina amo da sempre utilizzare le cozze allevate a Olbia ma ho recentemente riscoperto il mosciolo selvatico di Portonovo, pescato nelle acque limpide del Conero. Con delicata costanza, potrete aprirne un vassoio intero, condirlo con poco pepe e una strizzata di buccia di limone, e non rimpiangere Parigi.

Da La Stampa del