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Limone

Si consuma ogni giorno un crimine efferato quando si spreme immotivatamente uno spicchio di limone sopra una bistecca o una frittura. La carne si ossida assumendo un sapore metallico e il fritto si ammoscia, diventando freddo e gommoso. Ma se almeno questo delitto fosse compiuto con un’arma raffinata, si ammanterebbe di decadente eleganza. Purtroppo il colpevole agrume è spesso di importazione, proviene da colture intensive e ha subìto trattamenti conservanti che lo hanno privato di ogni minimo tratto di gastronomica suadenza.

I limoni inspirati da Montale, Goethe e Van Gogh provenivano da terrazze affacciate sull’acqua. Erano ricchi di avvolgenti profumi d’Oriente e di abbaglianti sfumature di giallo. Tra questi scelgo spesso i limoni di Amalfi, di cui si possono mangiare anche le foglie, impanate in una pastella leggera, fritte con cura e condite con sale o zucchero. La scorza grattugiata, dosata con parsimonia, dona soavità a qualsiasi preparazione. La polpa spremuta è una bevanda fresca, dissetante, digestiva. Le bucce si possono utilizzare per lavare mani, corpo e stoviglie, con risultati sorprendenti. Il succo puro è un disinfettante potente per le ferite e un naturale repellente per le zanzare. Le scorze, strofinate sul fondo di una padella, rilasciano i propri oli essenziali, nei quali si può direttamente cucinare senza aggiungere ulteriori grassi. Spremute tra due dita, appena dietro l’orecchio, profumano delicatamente la pelle degli amanti.

Da La Stampa del