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Nell’amaro si ritrova il sottile piacere del brivido

Non so a Voi, ma a me piacciono le alghe, la rapa, il tarassaco, l’indivia, i cardi, la lattuga, la radice di rabarbaro, la genziana, le rape, il caffè, il cioccolato, il pompelmo, le mandorle, i carciofi, il chinotto, la birra, la scorzonera, l’acqua tonica. Amo tutte le cicorie, sia crude che bollite. Apprezzo il sapore delle puntarelle. Trovo il radicchio uno dei prodotti ortofrutticoli italiani più interessanti, anche se il sapore è stato ormai maldestramente ingentilito. L’olio di coratina ha una durata nel palato che poche altre varietà possono vantare. Il limone di mare è, tra i piaceri proibiti, quello che considero più conturbante. Rifiuto i superalcolici ma amo concludere la cena con un infuso tradizionale di erbe. E da piccolo non mi dispiaceva avere la febbre, se mi somministravano la Novalgina. Probabilmente ho un’imprudente passione per l’amaro.

L’amaro è il gusto che l’evoluzione ha legato al pericolo, al veleno. E genera nei bambini un innato senso di repulsione. Ma nell’amaro si possono trovare una persistenza e una ricchezza di gusto che sorprendono dal punto di vista gastronomico. E’ infatti un piacere per intenditori, che va esercitato con la pratica e l’assaggio, come si impara a riconoscere e apprezzare un buon vino. Se vengono educati con pazienza, bambini e adulti, non solo smettono di rifiutare il gusto amaro, ma ne iniziano a distinguere le lievi, complesse, sfumature. Nell’amaro si ritrova il piacere sottile del brivido, del pericolo, del limite. Per questo l’amaro è un gusto da adulti. O da adolescenti curiosi e ribelli. Se piace anche a Voi forse siete pronti, a tavola, per una seconda giovinezza.

Da La Stampa del