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PAK-CHOI, LA VERDURA PIÙ DI MODA

Sono dieci anni che lo compro e lo cucino regolarmente, e sono stato felice di trovarlo finalmente in carta in un ristorante italiano. È il pak-choi, il cavolo cinese, coltivato in Italia da orientali prima e dai contadini autoctoni oggi.

Si tratta di un ortaggio che ha molteplici vantaggi: è molto rustico e non necessita di pesticidi e fertilizzanti, è buono sia crudo che cotto, resiste alla cottura a alta temperatura, non scuoce, si può conservare per giorni in frigorifero, è ottimo in brodo, il fusto ha un meraviglioso colore verde brillante e la parte apicale della foglia è ricca di clorofilla. Insomma, è diventato la verdura del momento!

Dalle enormi cataste delle bancarelle dei mercati etnici ho sempre scelto i più piccoli, in lunghe operazioni di scavo e selezione guardate senza stizza da parte dei proprietari cinesi che, con un sorriso dubbioso, mi ripetevano sempre che i loro connazionali prediligono le foglie più grandi perché le considerano più dolci. Ma alla dolcezza ho sempre anteposto la complessità aromatica.

Una borsa intera a Porta Palazzo costava meno di un euro. Oggi che tutti lo vogliono, inizia ad apprezzarsi e, nelle zone più eleganti della città, il prezzo sta rincarando senza controllo.

L’altra sera al ristorante gli assemblatori in giacca da chef, non per nulla sostituiti per provocazione, nel suo ristorante londinese, dal grande cuoco Robuchon, con ragazzi provenienti davvero dalle officine meccaniche, alla mia richiesta di un piatto di soli pak-choi, presenti in menu nel contorno di un secondo, me li hanno negati rispondendo che erano contati, tre foglie ogni costina di maiale. Sono andato al ristorante cinese dell’angolo e, per tre euro, ne ho mangiati una montagna.
La moda rende tutto illogico, perfino la verdura.

Da La Stampa del