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PEPERONCINO, ISTRUZIONI PER L’USO

Non fu tenuto in gran considerazione fin dal suo arrivo dall’America del Sud, bollato dalla Chiesa come “generatore di pensieri impuri” e dall’aristocrazia come “dozzinale spezia dei poveri”.
Divenne l’omologatore del cibo del popolo, come il parmigiano lo era di quello della nobiltà. In maniera non difforme dal braccio di ferro, dalle prove di coraggio e dal trasporto di pesantissime macchine del Santo, si svilupparono le prove di machismo, che ne prevedevano l’ingestione di enormi quantità, fino a cancellarne il sapore a favore di una prolungata infiammazione delle papille. Anche per questa ragione la coltivazione ha smarrito l’attenzione alla complessità aromatica, percepibile soprattutto all’inizio della maturazione, differente tra il prodotto verde e quello cotto dal sole e solo parzialmente smarrita nel prodotto essiccato.

Per utilizzare il peperoncino fuori stagione, la maniera migliore di è quella di congelarlo fresco e affettarlo poi con le forbici dal freezer al piatto.
Comunque l’ortaggio correttamente essiccato, all’aria e lontano dal sole, acquista un’interessante concentrazione.
Va conservato un anno al massimo, privato dei semi e ridotto al momento in polvere finissima, per piatti crudi o cotti, dove non deve mai friggere o bruciare.
La pelle, indigesta come quella del peperone, andrebbe eliminata sia dal fresco che dal secco, creando una poltiglia da passare al setaccio, conservabile in un buon olio extravergine.

Col sole in arrivo la polpa dei peperoncini appena colti sarà gentile e complessa, come dovrebbero essere sempre il sapore e la vita.

Da La Stampa del