Non è una questione di qualità. Perfino alcuni bar che servono vini e superalcolici di livello, li accompagnano inspiegabilmente con patatine anni Settanta, unte e salate, estratte da un bustone formato famiglia del discount, o popcorn stantii dalla suggestiva gommosità.
All’aperitivo non pretendo di pranzare e anzi l’offerta di troppo cibo, quandanche di manicaretti, non credo sia un buon servizio a un cocktail ben eseguito.
So che non tutti sono d’accordo, ma sono giunto alla conclusione che gli alcolici più pregiati non diano il loro meglio nell’accompagnamento di un piatto. A volte addirittura escono sminuiti dall’abbinamento, mentre rendono un ottimo servizio al companatico. Di certo perdono in complessità e grazia se raggiungono una bocca impastata di grissini, pizzette, salatini o pasta fredda.
Non voglio dire che si debba bere a stomaco vuoto, ma provate a sorseggiare un calice o un tumbler lentamente, nettando il palato con qualcosa di neutro a intervalli regolari, per sorprendere le papille al successivo assaggio.
Mi piacerebbe trovare accanto al bicchiere arachidi fresche o nocciole biologiche tostate, pistacchi siciliani, ma pure mediorientali, senza troppi mesi di conservazione, i ceci al forno della tradizione turca o i semi di girasole che ho trovato in Albania. Una manciata di buone olive in una salamoia artigiana sarebbe un esclusivo piacere, fettine di frutti tropicali disidratati con cura, un piccolo lusso, e verdure essiccate, il mio accompagnamento preferito. Le patatine è meglio lasciarle perdere. E’ sufficiente un pezzetto di pane integrale, lievitato con lentezza e ben cotto, per trasformare un piattino in un piccolo gesto di cura.
Da La Stampa del