Germogli globali - Doctor chef - Federico Francesco Ferrero
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Se trovate i fiori nel piatto arrabbiatevi anche con la zia

Quando nella medesima settimana trovo il mio cibo preferito in tre grandi ristoranti, di altrettante città diverse, anche le amate animelle di vitello mi vengono a noia. Basta peraltro sfogliare un paio di riviste di cucina per accorgersi di come anche l’alta gastronomia sia vittima delle mode o a, volte, della scarsa capacità degli chef nel perseguire un percorso originale. I migliori infatti aprono una strada ma poi hanno il carattere di abbandonarla quando la globalizzazione l’abbia recepita.

Fino a un paio d’anni fa, oltre alla frattaglie già citate, archiviato il sale dell’Himalaya e il pepe di Sichuan, non poteva mancare in menu la guancia di maialino iberico. Ora, il posto che un tempo era della capasanta, è stato preso dal gambero rosso di Sicilia, dal merluzzo coda nera, dal salmone Sokey, dalla radice di daikon, dalla mozzarella di bufala, dal riccio di mare, dall’uovo di Parisi, dalle acciughe cantabriche: ottimi prodotti che, distribuiti a chiunque da un unico fornitore, appiattiscono ineluttabilmente i menu stellati.

Ma l’omologata ambizione casalinga si sublima nei fiori eduli. Un tempo riservati agli chef, oggi si possono reperire anche al supermercato, per la gioia di amici e parenti, che li dispongono ovunque e a sproposito. Ma c’è un limite anche alla mancanza di personalità. Se trovate nel piatto gli inutili ma ubiqui germogli di erba medica, arrabbiatevi! Sia al ristorante che a casa della zia.

Da La Stampa del