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SE VUOI FARE IL FIGO STAPPA E MANGIA FRANCESE

La maggior novità della cucina italiana degli ultimi cinque anni è la cucina francese.
I menu dei ristoranti di alta gamma si sentono nudi se non includono ostriche bretoni e foie gras del Périgord.
Nei bistrot alla moda, il Comté è diventato il passe-partout di qualsiasi fine pasto.
I locali di vini cosiddetti naturali propongono con orgoglio vini francesi che, in molti casi, rappresentano almeno il cinquanta per cento della cantina. E addirittura “vino francese” è diventato sinonimo di sorso di qualità. Non solo, esiste un’applicazione molto seguita, Raisin, di origini transalpine, che orienta i consumatori di tutta Europa nella caccia ai locali dedicati ai vini naturali, conducendo i turisti, anche in Langa, a stappare spesso francese.
Ma non va diversamente nei ristoranti dedicati ai vini cosiddetti convenzionali, dove si fa a gara per servire blasonate e costose bottiglie francesi con cui dilettare il pasto e i social media degli avventori. Proprio in rete, il vero simbolo di festa è tornato a essere lo champagne, status symbol di una società post-crescita, che oggi rincorre l’esclusività attraverso bollicine sempre più rare e pregiate.

Invece di attaccare con la solita cantilena a difesa dell’italico prodotto, dovremmo provare a carpire dai cugini francesi l’essenza delle espressioni: marketing, posizionamento, fare squadra. Al Quai d’Orsay si succedono da tempo Ministri con una visione prioritaria della diplomazia gastronomica e della promozione dell’eccellenza del sapore di un Paese da cui, in questo campo, ci sarebbe parecchio da imparare.

Da La Stampa del