Cara Signora Maria, cosa fa ancora con le ciabatte? Non si ricorda che avevamo detto che veniva a pranzo con noi al Centrale per festeggiare il suo compleanno? Sì, certo che lo prendo il Suo meraviglioso caffè, ma Lei per favore si prepari e scendiamo; senza zucchero, come sempre. Lo sa che quella è precisa e poi se la prende con me.
Che significa che Lei non ci tiene e ha paura di tornare con la fame? Meglio un bel piatto di ziti al pomodoro e basilico e una bottiglia intera del Suo limoncello che fa resuscitare i morti? Guardi, Beatrice adora la Sua cucina, ma oggi volevamo fare una cosa speciale, come facciamo una volta all’anno quando andiamo all’opera. La cucina è un’arte, come la musica, e il Centrale è un teatro della gola, dove va in scena ogni giorno una rappresentazione di grande livello: emozionante, impeccabile, coinvolgente. Che vuol dire che non Le da soddisfazione mangiare un piattino che finisce in due forchettate? Non si va all’opera per riempire il silenzio come quando accende la radio mentre stira. E poi che ne sa che non c’è mai stata. Ah, gliel’ha detto l’architetto Banfi, del terzo piano? Si faccia la Sua di opinione. Ci va un po’ di curiosità Signora Maria, senza curiosità non c’è sorpresa, non c’è delusione ma non c’è neppure possibilità di essere felici. Sì, l’ho capito che la Sua pasta è da lacrime, ma intendevo che l’alta cucina esprime concetti, idee, suggestioni, che affondano i piedi nella tradizione ma hanno la testa nel futuro, come per qualsiasi altra forma d’arte.
Si fidi di me Signora Maria, in un grande ristorante si va per divertirsi e per emozionarsi, non per riempire la pancia; per quello basta un panino. Si vesta e venga con noi, non abbia paura della novità. Una che fa un timballo come il Suo può guardarlo dritto negli occhi Carlo Cracco.
Da La Stampa del