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Ti odio pizza quando sei fatta male

Ho bevuto tutta la notte. Acqua. Ti odio pizza!

Gli ingredienti del nostro piatto simbolo sono pochi davvero, ma l’ignoranza alcune volte e la malafede altre, nella maggior parte delle pizzerie in Italia, trasformano in un incontro mancato con il gusto, uno dei piaceri più semplici e puri che la nostra gastronomia può offrire. Perché se l’impasto della pizza non è ben lievitato (a mio gusto personale almeno ventiquattro ore) passerete la notte in compagnia della bustina di digestivo e della bottiglia di minerale. La farina, poi, più è raffinata e meno è gustosa e digeribile. Personalmente preferisco la “Tipo1”, più grossolana, macinata a pietra, e consiglio di riservare la “Manitoba” alle alchimie di un abile pasticcere. Il sale, poi, non è tutto uguale. Dev’essere poco e buono. Così come l’acqua: una non vale l’altra. La salsa di pomodoro: per me passata fresca scolata tutta la notte su un canovaccio di lino, d’estate, o pelati di grande qualità, d’inverno. Mozzarella: se ha toccato il frigorifero sulla mia pizza non la voglio, voi fate come volete, ma di certo non fatevela tagliare col coltello, perché va sfogliata a mano e sgrondata dal latte in eccesso. L’olio, personalmente, anche quando buono, lo trovo un’inutile aggiunta a un piatto che di grasso ha già quello del formaggio e il basilico è meglio metterlo, a fine cottura, solo se è un germoglio dell’orto e non una foglia enorme che sa solo di menta. Poi c’è la cottura: forno ben caldo e pulito.

Non mi avventuro a parlare di lievito, ma se in bocca la pizza è gommosa o peggio cruda, stopposa e fritta, e, dopo un paio d’ore, inizia la sete, senz’altro la prossima volta sarà meglio stare a casa. Esattamente come ho pensato questa mattina. Odio la pizza che, quando è mal fatta, fa male allo stomaco e al cuore dell’Italia.

Da La Stampa del