Abbasso i digiuni della Quaresima e i piatti tradizionali delle feste e evviva le grigliate! La cultura globalizzata a stelle e strisce ha ormai permeato tutti i paesi gastronomicamente sudditi, Italia compresa. Il pranzo di Pasqua, benché prevedesse la celebrazione della primavera, la fine delle restrizioni dovute al freddo e l’inizio della presenza dei vegetali nei campi e delle uova nel pollaio, si basava sul consumo eccezionale delle proteine.
Mentre era il lunedì dell’Angelo a essere dedicato ai piatti freddi, alle uova sode e alle erbe spontanee. Inaugurava una stagione di merendine sull’erba e si consumava sui prati, muovendosi a piedi da casa propria, in un’ancestrale cornice di sostenibilità inconsapevole ma perfetta.
Poi è arrivato lo Zio Sam a metterci in mente brisket, BBQ ribs, carbonella e salse per le neo-tradizionali grigliate di primavera, precedute da un centinaio di chilometri in auto, sintetico monumento alla civiltà dei combustibili fossili.
L’Italia della finta democrazia della tavola, visti i costi, è stata poi costretta trasformare il rito della bistecca texana nella grigliatura di ali di pollo da allevamenti intensivi, salsicce ai conservanti e costine di maiali condannati al confino.
Eppure le merende di primavera sarebbero così semplici e gentili, se solo si accompagnassero agli avanzi del giorno precedente, una terrina di erbe di campo e un paio di uova di galline felici. Due passi nei campi e i primi raggi di sole sulla pelle, per scaldarsi le ossa senza affumicarsi inutilmente.
Da La Stampa del