/

UNA SILENE FA PRIMAVERA

L’ho sempre considerata una verde messaggera di rinascita. Con le sue foglie carnose, ovali e lanceolate, di un bel tono intenso, la Silene Vulgaris annuncia la fine del freddo, la scomparsa della neve e l’inizio di giornate più lunghe e tiepide.

Il nome deriva da Sileno, vecchio crapulone, educatore di Dioniso e suo compagno di eccessi, dotato di un prodigioso ventre a botte. I fiori ricordano proprio la mitologica pancia dell’antico beone e, da bambini, giocavamo a scoppiarli sulla fronte o sulle palme delle mani, dove producevano un delicato scoppiettio, come quello di un petardo vegetale, da cui furono coniati i vari nomi regionali: sciupet, sclopit, schioppetti.

In questa stagione però dei caratteristici fiori ancora non c’è traccia. Si raccolgono invece le foglie apicali che, strofinate tra le dita, producono un percepibile scroscio, che ha determinato le ulteriori varianti dialettali: strigoli o scruset. Oscura invece mi è l’ascendenza del termine, diffuso nelle Venezie, carletti.

Da sempre la mia erba preferita, da cruda è piccante ed eccessivamente amara. Cotta diventa dolcissima senza perdere alcune note più complesse ed aromatiche. Va cucinata al vapore, scottata in acqua bollente salata e subito raffreddata, oppure, già stufata, miscelata a due uova di cascina e a un cucchiaio di ricotta salata grattugiata, e cucinata nel burro per una frittata da merenda sui prati.

Non va mortificata da una lunga permanenza in padella né ridotta a una palla informe, priva di ogni colore, da un’eccessiva bollitura. Non va conservata nel surgelatore, da cui uscirebbe priva di nerbo, né sormontata da un eccesso di aglio, limone e condimento.
Va accompagnata, etimologicamente, a un bicchiere di rosso, per brindare alla primavera.

Da La Stampa del