/

Un’estate senza ciliegie

Abbiamo tanto invocato l’acqua per la terra assetata. E l’acqua è arrivata, tutta insieme.
La pioggia ha tragicamente colpito l’Emilia-Romagna e ha sotterrato vite, case e campi. L’assenza di frutti e ortaggi estivi, che si protrarrà fino al prossimo inverno, se non alla prossima primavera, generando di fatto un tempo sospeso, scevro di riferimenti nel sapore, sarà un amaro memento della catastrofe.

Quando ancora contavamo lo scorrere dei giorni con il calendario dei santi, infatti, era normale accorgersi dell’avvicendarsi delle stagioni, desiderare, aspettare, celebrare e riconoscere i tempi dell’anno dalla tavola e dall’orto. E chi vive in campagna, come chi abita o abitava accanto ai fiumi esondati, ancora lo fa.

Una delle produzioni più importanti dell’area colpita riguarda le ciliegie, frutto che mi è particolarmente caro perché da bambino contavo quattro domeniche dopo Pasqua per attendere il momento in cui quelle del nostro albero nella casa di campagna dei nonni, della varietà lì chiamata “dell’Ascensione”, sarebbero maturate, preannunciando la fine della scuola e l’inizio del periodo di gioco spensierato.

Quest’anno, proprio nel fine settimana dedicato al ricordo dell’ultima presenza terrena di Gesù, il cielo ha pianto centimetri di acqua. E anche in Piemonte, e in diverse altre regioni da Nord a Sud, ci sono contadini con gli occhi lucidi, perché le ciliegie, pronte a essere raccolte, sono state infradiciate dall’acqua. Oltre a quelle irrimediabilmente cadute a terra, i frutti ancora attaccati ai rami non maturano più, si spaccano e marciscono.

Il cambiamento climatico riguarda sempre qualcun altro. Forse in quest’estate senza ciliegie capiremo che interessa ognuno di noi.

Da La Stampa del