Per svariate ragioni i vini a basso grado alcolico stanno riscuotendo un notevole interesse. L’attenzione alla salute e alla forma fisica spinge i giovanissimi della generazione Z a cercare bevande senza le calorie e gli effetti dell’alcool;
un’ingente percentuale dei nuovi milionari del Pianeta aderisce a regole religiose che vietano il consumo di vino;
nella popolazione del mercato asiatico, sempre più importante nel panorama enologico, è diffusa la carenza di un enzima che permette la metabolizzazione alcolica;
molti dei bevitori dei paesi del Nord Europa, oggi nell’occhio del ciclone della gastronomia del Vecchio Continente, prediligono per abitudine bevande a tenore alcolico inferiore, da bere in grandi quantità. Alcune tecniche di coltivazione della vite e il cambiamento climatico stanno invece pompando gli acini a produrre vini con gradi ogni anno più elevati.
Ma la tradizione italiana è ricca di vini semplici, con pochi gradi, quelli che i contadini riservavano all’autoconsumo, realizzati con le uve meno mature, con i grappoli provenienti da vigne dove si permetteva una produzione maggiore e una concentrazione zuccherina inferiore, che si utilizzavano come alimento per sostenersi durante il lavoro nei campi o che si lasciavano scorrere in gola, senza impegno, nei momenti di riposo in osteria.
Proprio alla tavola delle osterie potrebbero comparire i vini sfusi d’autore, realizzati anche dai grandi produttori ma a partire da una selezione delle uve più semplici. Nelle nostre ormai torride estati disseterebbero corpo e spirito di giovani e turisti.
Da La Stampa del