Accanto agli indimenticabili mosaici della chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio a Palermo, la Reverenda Priora Eloisa Martorana, nobildonna palermitana fondatrice dell’omonimo monastero, legò per sempre il proprio nome alla pasticceria.
In occasione di una visita regale, le benedettine su divertirono ad abbellire le piante del chiostro con limoni e mandarini realizzati con un impasto di mandorle e miele. Il sovrano, incuriosito da quella maturazione fuori stagione, staccò un frutto e rimase stupefatto dall’insolito profumo e non poté trattenersi dall’affondare i denti oltre la glassa. Assaggiatolo, ne apprezzò il sapore dolce e complesso, al punto che quel composto prese il nome di “pasta reale”.
La ricetta antica prevede 1 kg di mandorle dolci e 1 kg di zucchero. Le mandorle vanno scottate in acqua bollente, pelate e tritate finemente. A parte, in un largo tegame, va fatto sciogliere lo zucchero con altrettanta acqua, quindi la soluzione va portata a ebollizione, senza smettere di mescolare. Quando lo zucchero inizia a “filare” è il momento di spegnere la fiamma e di versare nel tegame le mandorle precedentemente ridotte in farina e di iniziare a mescolate velocemente, facendo amalgamare il tutto. Il composto va quindi versato su una spianatoia e fatto raffreddare. Con le mani, e con l’ausilio degli storici stampini di legno o di gesso, si possono formare a piacere dei piccoli frutti: mandarini, limoni, castagne, pere… da decorare con colori alimentari e poi lucidare con gomma arabica, resina vegetale estratta dall’albero dell’acacia.
Il mio primo paziente, un siciliano, Zu Pinu, non mi faceva mai mancare per le feste un cesto di frutta martorana fatta in casa: per me sa di Natale.
Da La Stampa del