L’Italia anni ’70 è servita - Journal - Federico Francesco Ferrero
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L’Italia anni ’70 è servita

Cara Signora Maria, fa tristezza quella foto, lo so, anche a me. La pizza la adoriamo sia Lei che io, se è buona, ma davvero c’è dell’altro… come scrivevo recentemente al Presidente del Consiglio. Grazie. Lo prendo anche oggi il caffè.

Guarda Matteo che io non mollo. Non mi arrendo al fatto che dobbiamo mortificare così la cucina italiana. A differenza di molti altri che hanno commentato sui social media, non mi indigno per scamiciature, gomiti sul tavolo e telefonini sparsi sulla tovaglia nelle sale auliche di Palazzo Chigi, che proteggono alcune delle opere d’arte più belle del nostro Paese. Quello è l’appartamento privato in uso al Presidente del Consiglio, in cui ha il diritto di rilassarsi. Ma oggi le foto fanno il giro del globo. E quando ci sono personaggi del calibro tuo e di Tony Blair, è l’immagine della nostra cucina che si vende al mondo intero. E allora la trattoria anni Settanta, con le fette di prosciutto nel piatto, i tranci di pizza con i sottopiatti d’argento, che fanno tristezza solo a guardarli, sale e pepe che neanche a casa di mia zia, bottigliette di birra aperte e lattine di Coca-Cola, davvero potevamo risparmiarcela.

La pizza a Tony di sicuro è piaciuta, come la compagnia delle ministre Madia e Boschi, che sono intelligenti e parlano l’inglese. Di sicuro hanno parlato di cucina toscana, che lui conosce bene. Ma davvero mancava solo il mandolino per scadere nello stereotipo più becero della nostra Italia a tavola. Forse si poteva chiedere a un giovane chef di fare due piatti leggeri, con ingredienti di stagione, una bottiglia d’acqua e un calice di un buon metodo classico italiano. O bastava, per una volta, spegnere i telefonini oppure andare a Trastevere a mangiare i supplì.

Perfino Obama ha capito che vale la pena di promuovere la cucina made in USA. Perchè tu non ci credi?