/

LA DIMENTICATA ASTINENZA QUARESIMALE

Tra il disinteresse generale e i riflettori accesi sul conflitto e sugli ultimi strascichi del virus, è passato sotto silenzio anche il Mercoledì delle Ceneri.
La più diffusa religione europea imporrebbe il digiuno, calmierato ad un solo pasto, oltretutto di moda nelle varie diete minime moderniste.

Pur non essendo bigotto, credo che l’astinenza dalle carni, in senso lato da ogni grasso animale, da ripetere ogni venerdì delle quattro settimane di Quaresima, sarebbe utile innanzitutto quale indicatore di identità e atto tangibile di resistenza verso la globalizzazione consumistica che ha importato risotti di zucca nel triduo dei Santi e tacchini ipertrofici nel giorno del Ringraziamento.

Non solo il ricordare la temperanza in tempi, per il momento, di vacche grasse, sarebbe un esercizio di intelligente attesa per il sapore, oggi ancora accessibile ai più, ma la contemporanea attenzione alla sostenibilità, renderebbe queste pratiche, rituali più che religiose, illuminanti, nello scorrere di giorni ormai privi di connotazioni altre che quelle dell’acquisto compulsivo di derrate alimentari trasportate direttamente a domicilio da facchini in bicicletta. Inoltre la cultura popolare italiana, tanto promossa all’estero ma negletta in patria, ha ideato una serie di interessanti trovate gastronomiche per aggirare il divieto: cipolle con uova sode, frittate con erbe di campo, cappon magro, pasta con la mollica in guisa di formaggio, lasagne con i carciofi, primi con le alici e trionfi di verdure e pesci bolliti.
È un peccato più che veniale aver mandato al macero la tradizione.

Da La Stampa del