Tis Teatrou To Steki è sempre al suo posto, nei bassifondi del mercato centrale di Atene oggi ripuliti a favore di turisti a caccia di finte emozioni gastronomiche in locali che hanno rimpiazzato i bar tradizionali specializzati in “meze”, che miscelavano lavoratori del mercato, impiegati statali, e professionisti.
Questi baretti servivano piattini piuttosto generosi, con una grande percentuale di verdure, accompagnati da piccole caraffe di distillati o da quartini di vino resinato. In un paio d’anni le due vetrine dello Steki sono diventate quattro, sono comparse due impensabili sale interne e i tre tavolini si sono moltiplicati fino a occupare tutto l’isolato.
Sull’insegna, ridipinta di fresco, campeggiano i simboli dei mezzi di socialità virtuale e gli stranieri rappresentano ormai la maggioranza degli avventori che si siedono, ordinano ciò che hanno appena letto sulle recensioni elettroniche, scattano un paio di fotografie, pagano e vanno altrove. Malgrado questa frenesia, i volti delle quattro signore che, dietro al bancone, preparano piatti freddi e fritture espresse, non hanno perso il sorriso.
Mi riconoscono e fanno piazzare un tavolino e una sedia proprio di fronte alla postazione degli antipasti, dove mi sono sempre seduto.
Ordino un piatto di verdure bollite, un’insalata di fagioli e prezzemolo, una grande porzione di acciughe freschissime, cucinate al momento, una bottiglia di birra Mamos. Il pensionato greco accanto a me centellina, con olimpica lentezza, quattro rondelle di cetriolo. Scambiamo qualche parola mentre i turisti attendono in fila.
Pago gli 11,00 Euro del conto, che non aumenta da anni malgrado la qualità non abbia arretrato di un passo. Ho trovato i miei nuovi eroi del cibo buono, pulito e non ingiusto.
Da La Stampa del