Veder spazzare attorno ai tavoli del ristorante mentre sto ancora masticando mi dà il medesimo fastidio di quando i bagnini rastrellano la spiaggia mentre ancora mi sto godendo sul lettino gli ultimi raggi di sole.
Riapparecchiare i tavoli mentre i clienti stanno ancora pranzando corrisponde invece a smontare le cabine e lavare gli ombrelloni quando, a fine stagione, anziani e stranieri ancora affollano i lidi, col diritto di goderseli appieno.
Non tratto di balneazione ma, per la ristorazione, sono certo: non si fa! É maleducato, interferisce con l’esperienza del pasto e condisce di fretta un momento che dovrebbe invece rappresentare uno spensierato rallentamento nella frenesia quotidiana.
Oggi che si ignorano, della tovaglia l’eleganza e del mollettone la funzione, veder nettare con la spugna i tavoli nudi per ricoprirli di stoviglie tintinnanti, non rappresenta né lo spettacolo più idoneo a introdurre il caffè né la più piacevole delle colonne sonore con cui accompagnare l’ultimo sorso di vino.
In un’altra epoca, quando lavoravo come giovane cameriere, il Sig. Tonino aveva insegnato una procedura a tutta la brigata. Sparecchiavamo il tavolo di chi si accomodava all’uscita e stendevamo una tovaglia pulita, con una tecnica che permetteva di rimuovere quella sporca senza mostrare il mollettone sottostante. Quindi posizionavamo al centro del tavolo un fiore o una candela, a seconda dell’orario. Quando tutti gli avventori erano defluiti provvedevamo alle pulizie e all’allestimento dei tavoli per il servizio successivo. Non vi erano limiti d’orario, la ristorazione era una missione.
Oggi però si potrebbe rammentare discretamente ai clienti al tavolo l’orario di chiusura e procedere, a sala vuota, a pulizie e apparecchiatura.
Da La Stampa del