Il colonnello Leoni della prima fila, ottant’anni suonati e settanta chili per gamba, obbedisce alle lancette del Roskoff allineate sul mezzodì, fa leva sulle mani appoggiate sulla sedia, tenta un attenti.
Ma la risacca ha lavorato di fino sotto alla poltrona fuori misura, che affonda di lato nelle sabbie mobili e scarica il Colonnello sulla battigia. Con le natiche a bagnomaria e il berretto calato sopra al naso, ordina il soccorso immediato a Sebastiano, detto Seba, una pagella di seconda media che non va oltre la sufficienza, una passione maniacale per la musica rap e una meno convinta per Giulia, la biondina di Modena della quarta fila, bianca e diafana come il vestitino di lino che indossa sempre anche sotto al solleone.
Seba ha già quasi il physique du rôle dello zio, coltivato a una media di dieci cocacole ghiacciate al giorno, ma irridere gli altri per le proprie medesime mancanze è un’occasione troppo ghiotta. Con gli altri tre milanesi della compagnia si sganascia estraendo per un video il telefonino subacqueo dai costumi a calzoncino, da cui spunta la scomoda ma irrinunciabile mutanda di cotone.
Ci pensa il Bagnino Lino, sceso dal trespolo e riposizionato il riporto dalla nuca alla fronte, a spegnere le risate, raggiungendo il quartetto con una sventagliata di pacche sulle spalle.
Il Colonnello è in salvo e marcia verso il tavolo all’ombra del pergolato di foglie di plastica bianca.
La signora Ester esce sudata dal cucinino reggendo un monumentale piatto di totani di cattura, fritti alla perfezione e fa cenno al marito Luigi di sbrigarsi a distribuire Lumassina e posate. Le nonne urlano, i bambini strillano, i nonni ripiegano i giornali, le mamme depongono gli smartphone, i ragazzini si assembrano.
É di nuovo ora di pranzo ai Bagni Stella Maris.
Da La Stampa del