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FUNGHI SECCHI PER LA DISPENSA DI NATALE

Luciana è partita presto questa mattina. Marcia svelta alla volta del bosco, confidando nelle due gocce d’acqua che hanno dissetato quest’anno insolitamente caldo e secco. Gli zucchini non crescono, i pomodori hanno buccia spessa e poco sapore e i funghi non si sono visti per nulla. Ma la terra rovente covava i porcini appena sotto la polvere e una sola giornata di pioggia ha fatto il miracolo.

A casa esamina con cura il cestino di piccoli tesori dalle cappelle marroni. Neppure i funghi, con queste temperature, hanno sviluppato un gran sapore e, come tutte le estati, non tutti i gambi sono sodi e sani. Sono passati i tempi in cui la raccolta costituiva una parte importante dell’economia delle valli. Oggi il pezzo migliore va a un parente, un altro a un’amica, due piccoli nel sugo degli gnocchi.
Quelli meno prestanti li affetta non troppo sottili e li dispone al sole, su di una rete di ferro tesa con un antico telaio di legno, e li pone a seccare, come si è fatto per secoli, prima dell’invenzione del freddo. All’aria i profumi si concentrano e l’aroma di boleto diventa dolce, intenso, persistente.

Chi viveva accanto al paese li vendeva freschi; chi abitava nelle frazioni, troppo lontane dai mercati, li essiccava, scegliendo allora i più sodi, sani e perfetti alla forma, per poter spuntare il maggior prezzo possibile al commerciante, che li destinava ai ricchi mercati lombardi.
Nelle case borghesi, a Natale, i funghi secchi, fatti rinvenire in acqua rinnovata un paio di volte, donavano una fragranza regale a un sugo, a un pesce, a una salsa, a un dolce raffinato, a un semplice uovo. A differenza degli odierni funghi congelati, spesso spiacevolmente grevi.

A volte il sapore del progresso va ricercato nel passato.

Da La Stampa del