/

L’inconscio gastronomico dell’Italia

Dev’esserci una buona ragione se un adulto su dieci segue l’estroversa Benedetta Rossi che spignatta sul web, oltre al fatto che i video, che inquadrano solamente le mani della protagonista, sono realizzati in maniera tecnicamente impeccabile.

Un motivo ci sarà se un milione di persone ha condiviso la ricetta, visualizzata trentacinque milioni di volte, della sua torta all’ananas a base di frutta sciroppata della lattina e se i suoi libri sono stabilmente tra i quindici più venduti del Paese. Intanto la maggior parte del menu è a base di torte, dolci o salate. E quasi la totalità delle ricette strizza l’occhio al fanciullino intimo dell’osservatore, attratto dal miracolo della trasformazione: la farina lievita, lo zucchero caramella, il formaggio sfrigola.

Non vengono praticamente pubblicati pesce fresco, verdure di stagione, prodotti del mercato. Le materie prime sono industriali, inclini a solidarizzare con chi è convinto che Nutella, frutta in scatola, formaggio spalmabile e biscotti al cioccolato possano assurgere alla dignità di ingredienti. I fritti non mancano, i carboidrati imperano,  le porzioni sono generose e ammiccano all’abbuffata.

Forse l’Italia, nell’inconscio gastronomico, non ha ancora superato il primo dopoguerra, la fame, l’ansia del piatto vuoto, la privazione dei cibi della festa: burro, uova, zucchero, farina e cioccolato. O forse l’occhio appaga più del palato. Ma il considerare il pesto in vasetto del supermarket un ingrediente di una ricetta solleva dubbi più sul futuro che sul passato della nostra amata cucina.

Da La Stampa del