Per le destinazioni gastronomiche del mio ultimo viaggio in Lituania mi sono affidato al portale turistico del turismo della città di Vilnius. E non ha sbagliato un colpo. Addirittura, alcuni amici del posto, che lavorano nella ristorazione e nel turismo, ignoravano alcune “chicche”.
La consultazione è intuitiva e agevole, lontana da ogni burocrazia o equanimità istituzionale. Divisi in sezioni, bar, ristoranti e caffetterie sono raggruppati in base agli interessi dell’utente, che viene guidato in maniera tematica e non consegnato a una ricerca alfabetica o tassonomica. La maggioranza delle pagine sono accessibili direttamente, altre invece si scovano solo tramite i motori di ricerca, digitando parole chiave molto ben indicizzate. Ho trovato addirittura, illustrata nei dettagli, una proposta di mense tradizionali per operai e studenti, retaggio sovietico.
I caffè vengono descritti non al passato ma al futuro, consigliando i migliori locali di “specialty coffee” e estrazioni manuali. I locali con gli ingredienti più freschi vengono promossi accanto a quelli caratterizzati dai vini naturali.
Ma la cosa più sorprendente è che la guida non è esaustiva. Sono presenti solo alcuni locali, periodicamente aggiornati, individuati autonomamente dalla redazione come i più accattivanti. Avevo visto qualcosa di simile solo su alcuni portali turistici francesi. Nel viaggio di ritorno ho dato un’occhiata alla gastronomia dei siti di alcune città italiane, e il confronto è stato impietoso.
A Francoforte mi ha accolto la campagna ministeriale “Welcome to meraviglia”, con la Ferragni di Botticelli intenta a sbocconcellare una pizza sul Lago Maggiore, con un invidiabile terzetto di verdure del supermercato in bella mostra. E ho capito che non è un problema di risorse ma di mentalità.
Da La Stampa del