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PARITÀ DI SAPORE

Bucarest, sabato. Malgrado l’ingente impegno profuso è impossibile trovare in città un ristorante popolare che serva davvero verdure fresche contadine, erbe selvatiche, vini e liquori prodotti in casa. Ne individuo solamente un paio, di lusso.
Non mancano invece le catene di fast food, le molte proposte etniche, le insegne monotematiche, le caffetterie hipster, i finti tradizionali trasformati in catene di montaggio acchiappaturisti e una pletora di locali globalizzati travestiti da ristoranti. I titolari, i cuochi e i camerieri sono tutti giovani o giovanissimi e i prezzi molto elevati per il potere d’acquisto locale.

Bucarest, domenica. Fin dalle prime ore del mattino si concentrano in alcuni parchi cittadini colorate bancarelle di contadini che offrono dovizie di crisantemi, erbe spontanee, piante aromatiche, cavoli, patate, mele, pere, cotogne, cetrioli, cipollotti, peperoni, frutti di bosco, noci, radici, salumi, formaggi freschi, succhi, brodi, marmellate, mieli, latte di pascolo e burro d’erba ancora fiorita, uova di galline razzolanti, mosto da uve pressate al momento e vini di casa spillati da piccole botti.
Chioschi ben organizzati preparano panini farciti, zuppe, polpette di agnello e costine di maiale, servite insieme a una variopinta composizione di verdure fermentate. Gli espositori sono per lo più anziani e i prezzi risibili.

È falso che quando questa generazione di contadini sarà scomparsa il cibo vero scomparirà. Tornerà invece a essere prodotto da giovani appassionati e offerto a prezzi elevati a pochi fortunati. In Italia questa sperequazione gastronomica è quasi compiuta.

Morale della favola: prima dell’inevitabile bisognerebbe inserire tra le lotte contemporanee anche quella per la parità di sapore.

Da La Stampa del