Dice la scienza: un solo bicchiere di vino aumenta il rischio di cancro, con scarsa evidenza protegge da patologie cardiovascolari e non è sufficientemente certo che sia antiossidante. Che rimpicciolisca il cervello è tutto da dimostrare.
Ma cos’altro dice? Che sono potenzialmente cancerogeni l’eccesso di zucchero, gli insaccati ricchi di conservanti, i grassi animali, alcuni additivi alimentari, i cibi industriali altamente processati, il diabete, il sovrappeso, la sedentarietà e l’inquinamento atmosferico, che causa ogni anno il doppio di morti dell’alcool.
Come per tutti i fattori di rischio, l’effetto dipende dall’esposizione: quanto vino, per quanto tempo, con quale frequenza.
Siccome poi il vino contenuto in un bicchiere viene metabolizzato in un’ora, e l’assorbimento dipende anche dal cibo ingerito, il consumo di un bicchiere a pasto, una volta a settimana, è infinitamente meno rischioso di bere quotidianamente grandi quantità o di ubriacarsi abitualmente.
Il rischio inoltre è più alto per i vini a maggior grado, per quelli con residui di pesticidi, perché vengono detossificati anch’essi nel fegato, e, probabilmente, per il medesimo motivo, per quelli con alti livelli di conservanti.
Influisce inoltre il metabolismo energetico: l’alcool infatti è stato utilizzato per millenni, soprattutto, come alimento: dai contadini impegnati nel lavoro nei campi, dai soldati, per cui il medico militare prescriveva la dose giornaliera in base alle marce, dai i lavoratori delle piramidi.
Certo oggi le condizioni di vita e di consumo sono molto cambiate ma la sfida per la scienza sarà quella di chiarire il rischio dose-correlato e quello relativo, rispetto agli altri fattori alimentari e ambientali, perché ognuno possa scegliere consapevolmente il baratto tra piacere e salute.
Da La Stampa del